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Approcci e paradigmi dell’Intelligenza Artificiale

Quando parliamo di intelligenza artificiale ci riferiamo a computer che possono essere addestrati e programmati in maniera da ricalcare i processi tipici di un cervello umano: dall’associazione di dati, al riconoscimento di schemi, allo sviluppo di nuove strategie per compiere in maniera più efficace queste attività.

Ma quando è nata l’AI e quali sono i principali modelli su cui si basa?

La nascita dell’Intelligenza Artificiale

Il momento fondativo dell’Intelligenza artificiale, come scienza e come nuovo campo di studio, risale al 1956: fu coniato per la prima volta dall’informatico e scienziato cognitivo John McCarthy durante un seminario estivo presso il Dartmouth College a cui presero parte scienziati cognitivi, fisici, matematici, ingegneri e informatici che negli anni successivi si distinsero proprio per la ricerca sul tema dell’informazione digitale e dell’AI.

Intelligenza Artificiale Simbolica

A partire dalla sua nascita e per quasi tre decadi, l’approccio più diffuso all’intelligenza artificiale tra scienziati e ricercatori è stato quello di guidare l’AI fornendole istruzioni precise per portare a termine un compito stabilito. Si tratta della cosiddetta Gofai (Good Old-Fashioned ai) o Intelligenza Artificiale Simbolica, basata sulla manipolazione di simboli come metodo di approssimazione dell’intelligenza umana. In questo approccio, la conoscenza viene rappresentata tramite frasi dichiarative secondo la logica di un linguaggio logico-matematico. A partire da una serie di conoscenze (dichiarazioni o affermazioni) il sistema deduce gli effetti e, in questo modo, il processo di ragionamento produce nuova conoscenza. È un approccio che funziona e dà buoni risultati quando si lavora con sistemi di regole e di relazioni stabili, come ad esempio quelle che governano il gioco degli scacchi, o la matematica.

Dal simbolico al sub-simbolico

A partire dagli anni 80, e con un incremento esponenziale dopo il 2012, si è delineato però un secondo paradigma di AI, chiamato sub-simbolico (Machine Learning) e basato sull’applicazione di procedure statistiche o numeriche. Strettamente legato agli studi delle neuroscienze, questo metodo risulta molto più flessibile per spiegare il mondo a una macchina: consiste infatti nell’insegnarle a capirlo da sola mettendola di volta in volta in grado di imparare. Questo avviene nel corso di un processo che per molti versi mima i processi dell’apprendimento umano e che si basa su strati di reti neurali artificiali. Nell’IA basata sul machine learning, in sostanza il programmatore fornisce un metodo di apprendimento, da applicare ai dati cui la macchina ha accesso, per estrarre automaticamente da essi le regole di decisione da applicare al caso concreto.

Limiti dell’intelligenza artificiale simbolica e sub-simbolica

Negli ultimi anni, l’evoluzione tecnologica e la diffusione degli approcci AI hanno di fatto decretato il successo dell’approccio sub-simbolico, anche grazie ai vantaggi dal punto di vista di scalabilità e capacità di gestione della conoscenza contestuale. Questo approccio però manca di uno dei principali pregi delle tecniche simboliche: la comprensibilità. Le tecniche sub-simboliche, infatti, producono spesso predittori difficilmente comprensibili ad un osservatore umano e ciò rende le decisioni basate su essi difficilmente interpretabili dall’uomo.  Viceversa, i modelli simbolici sono facilmente comprensibili, ma presentano limiti sia in termini di performance che in termini di capacità di apprendere, cosa che ne ha limitato fortemente la diffusione.

La terza via: modelli ibridi di AI

Negli ultimi anni per cercare di superare i limiti di entrambi gli approcci, è nato un nuovo campo di ricerca, che mira ad unificare e sfruttare in maniera sinergica i pregi del paradigma simbolico e di quello sub-simbolico. Si tratta dei cosiddetti modelli ibridi, che combinano le tecniche dei due approcci, sfruttando la capacità di una rete neurale di elaborare e apprendere da dati non strutturati e contemporaneamente usando tecniche logico simboliche. Inoltre, modello ibrido permette di ottenere risultati eccezionali con  meno dati in addestramento.

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