La carenza globale di semiconduttori, iniziata durante la pandemia, sta causando seri problemi alle industrie europee. Dall’automotive alle rinnovabili, dall’ICT alle batterie, lo shortage ha ridotto le capacità produttive e ritardato le consegne, causando così significativi danni economici.
Lo sviluppo tecnologico è, infatti, direttamente correlato all’aumento dell’uso e, quindi, del consumo di minerali. Molti di questi hanno riserve limitate e sono concentrate in poche aree a livello globale, da qui la definizione di “critical raw materials”.
L’emergenza pandemica ha evidenziato con maggior forza la consapevolezza che un accesso affidabile, sicuro e sostenibile alle materie prime è una precondizione per il Green Deal europeo e per la leadership industriale dell’Europa nelle tecnologie del futuro.
È una questione nota da tempo, tanto che, già nel 2014, l’Istituto Europeo di Tecnologia e Innovazione aveva dedicato risorse al problema creando il Knowledge Innovation Community sulle materie prime (EIT RawMaterials), il più grande e potente consorzio al mondo nel settore delle materie che unisce più di 100 soci, tra accademie, istituti di ricerca e imprese attivi n più di 20 paesi dell’UE.
L’EIT Raw Materials nasce proprio per individuare soluzioni tecnologiche in grado di garantire l’approvvigionamento delle materie prime alle imprese e rafforzarne così la competitività.
Dalla sua fondazione il consorzio è riuscito a generare un impatto positivo superiore all’iniziale aspettative. A dicembre 2020 si contano più di 150 innovazioni introdotte sul mercato e circa 1.000 impianti pilota/dimostrativi e prototipi; 5 nuovi poli di innovazione; più di 200 start-up supportate e più di 140 milioni di euro attratti da entità esterne all’EIT Raw Materials.
La Commissione europea si è spinta oltre: intende presentare una nuova legge europea sui semiconduttori, il nuovo Chip Act, Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo il 15 settembre di quest’anno, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dichiarato: “Dobbiamo mettere insieme le nostre capacità di ricerca, progettazione e sperimentazione di livello mondiale. Dobbiamo coordinare gli investimenti dell’Ue e nazionali lungo la catena del valore”, ha poi sottolineato che “lo scopo è creare insieme un ecosistema europeo dei chip che sia all’avanguardia, inclusa la produzione” per garantirsi “la sicurezza dell’approvvigionamento” e sviluppare “nuovi mercati per una tecnologia europea innovativa”.
Non solo la Commissione Europea, ma anche i singoli stati membri si stanno occupando della questione. In Italia, per esempio, è stato istituito il Fondo IPCEI, strumento agevolativo, di oltre 1,7 miliardi di euro, gestito dal MISE per supportare le attività i di realtà italiane coinvolte nella realizzazione degli Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo (IPCEI). Si tratta di iniziative di collaborazione industriale che riuniscono conoscenze, competenze, risorse finanziarie e attori economici di tutta l’UE per raggiungere obiettivi di innovazione radicale e di grande rilevanza tecnologica e produttiva, con uno sforzo condiviso privato-pubblico per dispiegare interventi di comune interesse nell’ambito delle catene del valore strategiche per l’industria europea. In particolare, sono due gli IPCEI attivati a sostegno delle imprese italiane: uno nel settore strategico delle batterie, per un valore complessivo di 1 miliardo di euro, e un altro sulla microelettronica, per un ammontare di circa 700 milioni. La portata di questi importanti progetti è più idonea alle grandi imprese, ma al MISE stanno valutando anche misure a sostegno di diversa tipologia ed entità e alla semplificazione per l’accesso alle PMI.
L’ecosistema europeo dei chip, dalla produzione alla gestione intelligente, che garantisca la sicurezza degli approvvigionamenti è utopistico? Sicuramente è una sfida ardua, ma non impossibile. Come ha ricordato la Presidente von der Leyen: “Si è detto la stessa cosa 20 anni fa col programma Galileo, e guardate cosa abbiamo ottenuto. Oggi i satelliti europei forniscono il sistema di navigazione per oltre 2 miliardi di smartphone in tutto il mondo. Siamo i leader mondiali. Quindi cerchiamo di essere di nuovo audaci, questa volta con i semiconduttori”.
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