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Attrarre, assumere e motivare persone in un momento di grandi cambiamenti

di Roberta Zantedeschi, specialista in comunicazione e scrittura efficace in ambito HR, si occupa di Parole, Persone e Mondo del Lavoro

Dopo due anni di pandemia il mondo del lavoro si è completamente trasformato, tanto che, come confermano numerosi studi, è impensabile ritornare alle vecchie abitudini.
Oltre ai cambiamenti introdotti dallo smart working, il post-covid sta costringendo tutte le imprese a rivedere il proprio approccio nei confronti delle risorse umane, soprattutto a causa del fenomeno chiamato “Grandi dimissioni” o “Great Resignation”, in inglese.

Il termine indica la tendenza dei dipendenti, in particolare i più giovani ma non solo, a dimettersi volontariamente dal proprio impiego, senza per forza avere un’alternativa pronta. Il fenomeno, registrato negli Stati Uniti già nell’estate 2021, si è poi allargato anche in Europa, tanto che in Italia nello stesso anno ha toccato la cifra di quasi 2 milioni di lavoratrici e lavoratori (1.925.371 persone), pari a circa l’8% del totale.
Una tendenza che merita un’analisi più approfondita, soprattutto perché il trend non sembra essersi esaurito con la fine dell’emergenza sanitaria.

Secondo la società di sondaggi Gallup, il 71% dei dipendenti ritiene che l’azienda per cui lavora non si aspetti da loro un approccio creativo o che si facciano promotori di nuove iniziative o soluzioni (Gallup – Fostering Creativity at Work: Do Your Managers Push or Crush Innovation?). Una ricerca di PWC, invece, registra che il principale motivo dell’aumento delle dimissioni del 2021 (+20%) è il non sentirsi apprezzati (Experience is everything. Get it right. – HBR: Who Is Driving the Great Resignation?). Due dati che ci offrono la direzione verso cui orientare lo sguardo quando ci chiediamo come possiamo attrarre, assumere, integrare e motivare persone.

Partire dai bisogni è strategico: quali sono, oggi, i bisogni delle persone che vorresti in azienda? Proviamo, nei prossimi 5 punti a capire cosa sta succedendo ma soprattutto a individuare quali sono i fattori critici di cui possiamo prenderci cura concretamente.

DA UNIVERSO A PLURIVERSO

Le persone negli ultimi due anni hanno cambiato le loro priorità: il lavoro inteso come carriera, non è più LA priorità.
E a sostituire una visione monolitica del lavoro come priorità, vi è ora un caleidoscopio di istanze che rappresentano la molteplicità di sguardi e percezioni con cui un’azienda è chiamata a confrontarsi.
La consapevolezza più urgente da maturare è questa: passare da uno sguardo universale a uno pluriversale e accettare di non poter sostituire il modello pre-Covid con un nuovo modello post-Covid. “Personalizzazione” è una parola chiave ma non è la sola, lo vedremo tra poco.

COMUNICAZIONE COME RELAZIONE, NON COME COMPITO

Accogliere il pluriverso non significa abdicare alla possibilità di comunicare alle persone in massa, come quando ad esempio vogliamo attrarre persone di talento e comunichiamo su LinkedIn a una platea più o meno vasta, bensì imparare a riconoscere la molteplicità di diversità che può rappresentare il concetto di “talento”.
Ma anche guardare al dialogo intergenerazionale come ad una ricchezza e non come un nuovo problema da affrontare (o da nascondere sotto il tappeto e affrontare la comunicazione in ottica relazionale e non funzionale: preferire le conversazioni ai proclami. Infine, meno LinkedIn Recruiting e più recruiter su LinkedIn: per scoprire cosa sentono e cosa desiderano le persone ma anche cosa possono portare oltre le proprie competenze tecniche.

CANDIDATE EXPERIENCE

Partire dall’analisi dei bisogni consente di costruire esperienze significative e generare un impatto positivo. Chiediti:
Com’è l’esperienza di chi partecipa a una selezione della tua azienda?
A partire dall’annuncio di lavoro, quali sensazioni stai generando?

Le sensazioni possono essere di tre tipi:

  • positive (fanno crescere l’interesse),
  • negative (scoraggiano a procedere nel processo di selezione),
  • neutre (indifferenza, che non è mai un buon segno).

Quali sono le fasi del candidate journey che puoi monitorare per migliorare l’esperienza?

  • Attrazione: comunicazione corporate, comunicazione HR, annuncio di lavoro (linguaggio, tono di voce, chiarezza, concretezza), ecc.
  • Processo di candidatura: quanti passaggi richiede? quanto semplice o complicato è candidarsi per la tua azienda? Less is more.
  • Colloqui: che non sono interrogazioni e men che meno interrogatori, ma conversazioni.
  • Post Colloqui: sul feedback inciampano moltissime aziende. Solitamente di 20 persone incontrate solo una riceve dei riscontri fino alla fine del processo: quella che si vuole assumere. E tutte le altre? In gioco c’è la reputazione aziendale e quindi il suo potere attrattivo.
COSTRUIRE E NUTRIRE COMUNITÀ

Assumere è solo il primo passo di un percorso che si decide di compiere insieme.
Coinvolgere, motivare, creare un patto di co-responsabilità: ecco cosa consente all’azienda di essere un luogo dove le persone stanno bene, si impegnano, contribuiscono attivamente.
La differenza tra organizzazione e comunità risiede nella partecipazione attiva di chi si sente parte di una comunità. Costruire una comunità significa scegliere la co-creazione. Ridurre le iniziative calate dall’alto, erogate dalla funzione HR e, partendo dall’ascolto, co-progettare e co-costruire.
Potremmo, arrivati a questo punto, parlare di onboarding, di employee experience, di retention ma preferisco fare un passo di lato e spostare lo sguardo dal contenuto al processo: costruire e alimentare relazioni consapevoli attraverso la cura del processo comunicativo.

La comunicazione interna è un fattore imprescindibile di cui prendersi cura con intenzione e competenza, insieme.
Ogni azienda ha una comunicazione interna: è il flusso di informazioni necessarie al lavoro di ciascuno (riunioni, e-mail, circolari, policy e regolamenti, avvisi, ecc.). Si può iniziare da ciò che c’è per modificare in modo sostanziale il capitale relazionale interno (con ovvie ripercussioni anche sull’esterno).

E PER FINIRE

Per sostenere (o rendere sostenibile) quanto visto fino a qui serve accogliere il cambiamento come stato e non come evento isolato; tecnicamente possiamo parlare di impermanenza e accettare che niente di quanto faremo sarà definitivo, sarà ciò che funzionerà sempre. Con questo presupposto la sperimentazione tipica del design è la scelta più strategica.

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